Il monastero di S. Croce sull’Arno, vicino a Pisa, è nato dalla volontà della beata Cristiana Menabuoi, che lo iniziò come reclusorio nel 1279. Quindici anni dopo, nel gennaio 1294, fu trasformato in Monastero. Come Chiara da Montefalco, anche Cristiana, che forse non conobbe la loro esperienza, cercò con successo di realizzare lo stesso ideale di vita religiosa agostiniana.
La beata Cristina, al secolo Oringa Menabuoi, nacque a S. Croce dell’Arno tra il 1237 e il 1240. Amante della purezza fin dall’infanzia, cercò di mantenere sempre candidi la mente e il cuore, dedicandosi a piccole opere di misericordia. I suoi genitori erano poveri lavoratori “di umile condizione sociale, che le imposero nel battesimo il nome di Oringa. Ma è notorio che durante la sua vita per le sue virtù fu chiamata Cristiana”. Restò presto orfana di madre e subì vari maltrattamenti dai suoi fratelli, non ultimo quello di volerla obbligare a sposarsi. Verso il 1259 decise di fuggire da casa e si rifugiò a Lucca, dove per cinque anni fu domestica di un nobile “ritenuto generalmente per uomo virtuoso e di vita esemplare”.
In questo periodo con alcune sue compagne devotamente religiose andò in pellegrinaggio al santuario di S. Michele Arcangelo sul monte Gargano. Nel ritorno si trattenne vari anni a Roma al servizio di una nobile e pia. Con la stessa nobildonna dimorò ad Assisi, dove “il Signore le mostrò in visione una casa edificata in un luogo e in un modo, in cui poi lei fece costruire il monastero di S. Croce.”Verso il 1277 ritornò nel paese natale e incominciò a mettere in pratica il suo ideale di vita religiosa. Altre giovani seguirono il suo esempio desiderando condurre una vita dedicata al servizio di Dio.
Su sua richiesta, il 31 ottobre del 1279 l’amministrazione comunale di S. Croce sull’Arno le concesse una casa “nella quale potessero vivere lei e le altre che le si unissero nel servizio del Signore”. Il 14 novembre con un’altra deliberazione la municipalità le permise di tenere con sè fino a “dodici donne oneste e di buona fama” e il 24 dicembre dello stesso anno la medesima autorità dichiarava che quanto era stato concesso aveva il valore di “una donazione”.
Inizialmente questo romitorio non era agostiniano.
Su base documentaria, il passaggio compiuto all’Ordine agostiniano è attestato inequivocabilmente da una lettera del vescovo P. Porcari (23genn.1294), indirizzata «alla badessa e al convento delle monache dei Santi Maria Novella e Michele di Santa Croce dell’Ordine di Sant’Agostino».
La piena appartenenza all’Ordine agostiniano è confermata nel 1295 dal nuovo Superiore Generale degli agostiniani, Simone da Pistoia, il quale a Siena dichiarava che rendeva partecipi dei beni spirituali dell’Ordine “l’abbadessa e la comunità del monastero di S. Maria Novella del castello di S. Croce” per l’affetto, che avevano dimostrato verso l’Ordine agostiniano, “come abbiamo saputo dalla relazione dei nostri religiosi.
“Nel 1303 il nuovo vescovo di Lucca, Enrico Del Carretto, esortava i suoi fedeli a contribuire con le loro elemosine a ultimare le opere del monastero di suor Cristiana “poiché nel suo oratorio si celebra tutti gli anni con speciale e sincera devozione la solennità della Concezione della Gloriosissima Vergine Maria.”Nel 1309 per l’estrema povertà in cui versavano, le monache furono costrette a ricorrere alla questua, “quod ipsas oportet necessario mendicare”, come accertò il cardinale Arnaldo Pellagrua, legato del papa Clemente V in Italia. I momenti di difficoltà vennero superati finalmente nel 1311 quando il cardinale Giacomo Colonna, grande ammiratore delle virtù di S. Chiara da Montefalco, le prese sotto la propria protezione. Fu così possibile procedere nel 1317 ad nuovo ampliamento del loro monastero, “propter multitudinem monalium”, poiché grande era l’afflusso di nuove religiose.
L’anonimo, che scrisse la sua vita nella prima parte di quel medesimo secolo, esalta la sua innocenza coltivata fin dalla giovinezza, il suo perfezionamento nella pratica della virtù, la sua capacità di penetrare la psiche delle persone, i suoi miracoli, le sue profezie e il suo trapasso. Quanto alla morte l’anonimo narra che “quando la serva di Dio era già settantenne … una paralisi la immobilizzò nel letto per tre anni; perduta completamente la sensibilità del lato destro e afflitta da dolori acuti in tutte le parti del corpo, lei, con la preghiera quotidiana, li sopportava con gioia … Mentre Cristiana si preparava ad uscire da questo mondo tenebroso, la luce dell’altro, verso il quale si incamminava, cominciò a risplendere sempre più nel suo volto e nella sua anima … E nell’ora del suo transito il suo sembiante brillava di tale gioia, che era facile comprendere come quell’anima beatissima, morendo al mondo, cominciava a vivere nella felicità eterna … Fece chiamare attorno a sé le sue consorelle e trattandole con tenerezza e con materno affetto e consolandole con soavi parole, spirò nel Signore … Il suo corpo non fu sepolto nel tempo dovuto, ma rimase esposto diciotto giorni, senza che si notasse alcun indizio di corruzione … Gli abitanti di S. Croce e una moltitudine straordinaria di persone, dell’uno e dell’altro sesso, dai paesi circonvicini vennero in processione e intonando cantici spirituali per venerare il corpo della Beata.”
Le autorità di Santa Croce proclamarono il 4 gennaio giorno di festa per l’intera cittadina. Ancora oggi la devozione a “santa Cristiana”, come viene chiamata nella sua terra d’origine, si mantiene viva in tutta la provincia lucchese e nelle regioni più distanti. Anche la sua memoria è ben conservata nei libri liturgici dell’Ordine agostiniano.
Il suo culto fu confermato il 15 giugno 1776.
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