CHIESA DI NS DELLA CONSOLAZIONE – GENOVA
DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 – GIORNATA MISSIONARIA AGOSTINIANA
Omelia di fr. Giuseppe Viscardi
Cari fratelli e sorelle nella seconda domenica di Avvento siamo soliti celebriamo la giornata di solidarietà per la Missione Agostiniana Italiana. Vi parleremo della missione in Apurimac, regione della Ande peruviane: un territorio poco inferiore alla Lombardia, una popolazione che vive tra la capitale Abancay e circa 300 villaggi tra i 3000 e i 5000 metri di altitudine.
Gli Agostiniani operano nelle province alte, le più povere, isolate geograficamente e socialmente, prive dei più elementari servizi: acqua, luce, strade, scuole, ospedali.
Perchè missionari agostiniani in un territorio così lontano e difficile?
Durante il Concilio Ecumenico Vaticano II, Monsignor Mendoza Castro, vescovo di Abancay, colse lo zelo missionario dei padri agostiniani e li invitò a mettere questo zelo a disposizione della sua diocesi.
Due anni dopo, nel 1968, otto religiosi, per scelta volontaria e personale, presero dalle mani del Padre Generale il Crocifisso e partirono.
Tra questi c’ero anch’io.
Ricordo ancora l’impatto con quel lontano paese, quella natura imponente, priva di vie di comunicazione e lo straordinario incontro con i suoi abitanti, gli Indios di lingua Chechua.
Come descriverli?
Sul piano fisico famiglie numerose, per lo più disgregate, tanti bambini, madri sole, case poverissime, mortalità alta, scarsa igiene. carenza di acqua potabile, facilità di contagio delle malattie, assenza di strutture sanitarie, analfabetismo diffuso.
Sul piano spirituale una religiosità semplice e primitiva, accompagnata da un profondo senso di Dio nel quotidiano, vissuta in riti di antica tradizione, drammatici e festosi contemporaneamente. Ai primi missionari apparvero chiari gli obbiettivi da perseguire: l’evangelizzazione, e la cura delle anime, ma anche la promozione umana in tutti i settori della vita.
Prioritaria apparve la necessità dell’educazione alla salute per contrastare le malattie più diffuse, tanto spesso frutto della miseria e dell’ignoranza.
Tanti uomini e donne di buona volontà vennero a conoscenza di questo mondo lontano e, ricordando Gesù, il primo missionario che percorse le vie del suo paese, fecero proprie le sue esortazioni.
Giunsero gruppi di suore, attive soprattutto verso i bambini abbandonati e le donne, viventi in condizioni di inferiorità, sottomesse, schive, spesso abusate anche nell’ambito familiare.
Con l’aiuto di tante comunità parrocchiali, come questa di N.S. della Consolazione, sorsero scuole per catechisti locali laici, un seminario minore e successivamente uno maggiore per la formazione di un clero locale, un centro di formazione tecnica e industriale dove anch’io ho insegnato, una scuola di formazione agraria e infermieristica per ragazze.
Oggi nei centri maggiori si assiste ad un progressivo miglioramento delle condizioni di vita, ma nei villaggi andini restano i dimenticati, chiamati con disprezzo cholos: pensate solo due medici ogni 10000 abitanti, nessun presidio sanitario, la visita del sacerdote una volta all’anno.
Che cosa può dare un futuro migliore a questi fratelli deseredati che vivono di una stenta agricoltura e di una misera pastorizia ma che non perdono la fiducia e la speranza?
Che cosa possiamo fare qui oggi perchè i cholos non siano più così soli?
Oggi preghiamo con tutta la nostra fede Dio perchè susciti nuovi missionari, stimoli tanti giovani, sazi di beni ma in cerca di Bene, a condividere un tratto della loro vita con questi dimenticati.
Oggi ringrazio questa comunità che mi ha sostenuto con preghiere e offerte nei miei 25 anni di missione dandomi la possibilità di asciugare qualche lacrima e di alleviare qualche dolore.
Continuate a sostenere l’Apurimac, fatelo conoscere e ricordatelo quando compilate il 5 per mille.
Siate certi che il Signore non si lascerà superare in generosità e alla fine sarete voi a doverlo ringraziare.
Tra poco passerò tra voi a raccogliere le offerte: grazie da parte mia, da tutti i missionari dell’Apurimac e dai cholos.