Caro padre Giuliani,
quando ci accordammo sull’omelia da fare alla tua e alla mia morte, fosti tu a dirmi: «Quando morirò tu, sarai tu a farmela». Io ti risposi: «Se morirò prima io sarai tu a farla a me». Ma tu pretendevi anche un’altra cosa, certamente scherzando: «però – dicesti – dovrai parlare di me». Ti risposi: «Te lo puoi scordare; se lo facessi, dovrei dire anche qualche bugia. Sinceramente, in una predica per il funerale di un mio confratello, e per di più carissimo, me ne dispiacerebbe».
Quando morirai tu, questa tua presenza nella bara, davanti a noi tutti, sarà essa stessa una scuola, dove, con il nostro sillabario e quaderno, scriveremo la tua lezione: “Cari confratelli, nipoti e amici tutti, scrivete: Vi informerò su come gestire le forze spirituali, con impegno, con sacrificio, soffrendo fino in fondo, dando l’ultimo “colpo di reni”, come i ciclisti, quando fanno la volata. Chi sarà stato più forte, vincerà”.
L’autore del libro di Giobbe ce ne offre l’occasione: tentato dal diavolo, privato dei beni, della famiglia e della salute e costretto a sedersi su un mucchio di cenere, abbandonato dalla moglie, tradito dagli amici. In ultimo fu lui a riportare vittoria, a vincere la lotta.
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, uscito dalla carne, vedrò Dio.
Il traguardo è raggiunto, la vittoria è assicurata: è la contemplazione estatica dello splendore della Bellezza del Sommo Dio, Padre di ogni Bellezza.
Per giungerci, quanta strada! Quanti sforzi! Quanta fatica! Fino all’agonia, cioè fino alla lotta estrema. La lotta estrema è il segno della ribellione dell’uomo alla fine, alla morte. L’uomo è fatto per la vita; l’uomo sente un forte desiderio di vita. Il vero significato della parola desiderio è quello che proviene dalla sua derivazione latina (de-sideribus = dalle stelle): dalle stelle, cioè dal cielo, da Dio. L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, ne porta impressa nel cuore, indelebilmente, la sua immagine, segno della profonda comunione con Dio. Da Lui veniamo, a Lui ritorniamo.
Il traguardo della corsa della vita è Dio, cercato con vivo desiderio, posseduto con amore, amore che sempre arde ed è goduto nell’estasi contemplante, amore che, come lo stesso S. Agostino ci dice nella Regola, cerchiamo: non come servi sotto la legge, ma uomini liberi sotto la grazia; uomini e donne che offrono il loro cuore libero per la costruzione della comunità monastica.
Coro padre Giuliani, cosa vogliamo di più? Cosa di meglio poteva insegnarci la tua morte se non la vita? È quella del “sabato senza tramonto”, del sabato della vita.
Ora posso anche salutarti con le parole del santo Padre Agostino, letterariamente più belle, vissute in prima persona, che il Santo scrisse nelle Confessioni per ricordare l’amico carissimo, il dolce amico mio, che insieme a me cercava con passione la verità e che a me chiedeva senza darmi respiro. Ma sentiamo Agostino stesso, le sue parole sono anche dilettevoli:
Ora vive nel grembo di Abramo. Là, qualunque sia il significato di questo “grembo”, il mio Nebridio vive, il dolce amico mio, ma tuo, Signore, figlio adottivo e già liberto. Là vive: e che altro luogo sarebbe adatto a quell’anima? Vive nel luogo di cui spesso chiedeva a me, omuncolo inesperto. Non avvicina ora più l’orecchio alla mia bocca, ma la sua bocca spirituale alla tua fonte, ove attinge la sapienza quanto può e vuole, infinitamente beato. Non credo però che tanto se ne inebri, da scordarsi di me, poiché tu, Signore, da cui attinge, di noi ti sovvieni (Confessioni IX, 4, 6).
P. Remo Piccolomini, OSA
Padre Luigi Giuliani (1913-2016)
Il 23 luglio 2016 è entrato nella pace del Regno di Dio P. Luigi Giuliani, al secolo Gino, religioso e sacerdote dell’Ordine di S. Agostino. P. Giuliani era nato a Onano (Viterbo) il 29 ottobre 1913 ed era il religioso più anziano della provincia degli Agostiniani italiani, costituendo per tutti, per i confratelli e i numerosissimi pellegrini che ogni anno giungendo a Cascia desideravano incontrarlo ed ascoltarlo, un esempio di perseveranza e, allo stesso tempo, anche una memoria storica vivente dell’ultimo secolo di vita e di vita dell’Ordine.
Entrato tra gli Agostiniani giovanissimo, nell’Educandato di Fiastra presso Tolentino, insieme al concittadino e amico P. Stanislao Casali – non ultimi di una numerosa schiera di Agostiniani nati nella piccola città della Tuscia viterbese – P. Giuliani iniziò il suo noviziato nel convento di S. Maria del Soccorso a Cartoceto di Fano (Pesaro-Urbino) nel 1930 e l’anno successivo, l’11 ottobre 1931, emise la prima professione dei voti di castità, povertà e obbedienza. In seguito, dopo aver studiato presso il teologato di S. Nicola di Tolentino (Macerata), perfezionò i suoi studi presso il Collegio internazionale “S. Monica” di Roma, dove conseguì la licenza in Sacra Teologia.
Fu ordinato sacerdote l’8 novembre 1936 nella chiesa romana dei Santi Gioacchino e Anna in Prati.
Pur dotato di buon ingegno e versato negli studi, la penuria di sacerdoti e le esigente della sua provincia agostiniana umbra, indussero i superiori a destinare P. Giuliani prima alla comunità agostiniana di Foligno, in aiuto a P. Santolini, uno dei pionieri della rinascita della circoscrizione religiosa dopo la stagione delle soppressioni postunitarie, quindi a Gubbio dove visse la durezza della guerra mondiale e si fece apostolo presso la popolazione martoriata, specialmente nel 1944 in occasione dell’uccisione da parte dell’esercito tedesco dei quaranta “martiri” eugubini. A Gubbio, a più riprese, si occupò anche della formazione delle giovani leve della provincia. Fu in seguito ancora a Foligno come parroco e poi a Montefalco, dove, malgrado non poche difficoltà e sofferenze, ha lasciato un’impronta profonda, soprattutto nell’animo di chi lo ebbe per parroco, che ne conserva grata memoria e la trasmette alle più giovani generazioni fino ad oggi. Fu per due mandati consecutivi superiore provinciale degli Agostiniani umbri, un servizio svolto con grande umanità, cercando di valorizzare sempre le doti dei singoli religiosi, soprattutto nell’ambito degli studi, con lungimiranza e rispettando sopra ogni cosa la dignità di ogni persona a lui affidata. P. Giuliani ha vissuto il resto del suo lungo pellegrinaggio terreno a Cascia, per oltre sessant’anni, in servizio presso il Santuario di S. Rita, dove giovane religioso aveva potuto incontrato la Beata Madre Teresa Fasce (†1947), la Madre Rosato e molte monache agostiniane che hanno segnato la storia recente del Santuario casciano, ma anche moltissime “apette” e milioni di pellegrini. È stato per oltre sessant’anni l’animatore principale e poi il collaboratore fedele dei rettori che si sono susseguiti nel Santuario, soprattutto attraverso il servizio del confessionale, nella celebrazione dell’Eucaristia, nella predicazione e soprattutto accogliendo e guidando i pellegrini desiderosi di visitare il monastero di Cascia dove visse Rita, cuore delle sofferenza, dell’umiltà, della santità quotidiana e dell’esperienza mistica della santa agostiniana e di quanti guardano a lei come modello e supplicano il suo potente aiuto. Quando si è allontanato dai monti di Cascia, per recarsi anche lui pellegrino ai santuari mariani d’Europa, in Terra Santa, in Polonia e, per il meritato riposo, nel prediletto convento ligure di Celle, anche in questi luoghi ha lasciato sempre e in tutti un buon ricordo.
Il Signore ha concesso a P. Giuliani lunghi anni per percorrere il suo cammino, arricchendolo di tanti doni che egli ha saputo mettere a frutto per sé e per gli altri; in questo pellegrinaggio terreno il Signore gli ha offerto anche numerose occasioni per purificare il suo cuore e il suo sguardo prima di ammetterlo alla visione più alta! Negli ultimi otto mesi una malattia, causata dal crollo del suo fragile sistema immunitario, che si è manifestato soprattutto in ripetute dermatiti che hanno piagato progressivamente il suo corpo, ha costituito un vero e duro banco di prova; la malattia, se non ha piegato il suo spirito, ha di certo accelerato il cammino interiore verso la meta e ha rinsaldato la sua intima amicizia con Cristo, Signore amato e Amico adorato.