Cari fratelli e sorelle
la luce del Natale già illumina gli ultimi giorni di avvento e perciò desidero inviarvi in questo tempo di grazia, un augurio fraterno insieme ad alcune riflessioni da condividere.
Nei mesi appena trascorsi insieme alle difficoltà che normalmente abitano la quotidianità sin dall’estate, abbiamo vissuto i terribili giorni del terremoto che con un interminabile crescendo ha sconvolto la vita di tante persone e di alcune nostre comunità. Il terremoto, come sapete, ha colpito al cuore la nostra Provincia ponendo in grave difficoltà proprio le nostre due perle di Cascia e Tolentino. Interrotto bruscamente l’afflusso dei pellegrini e azzerato in poche notti tutto il programma di convivenze giovanili e le reti di rapporti e progetti consolidati da anni, ci si è risvegliati con una povertà e fragilità inattesa, con la impossibilità a pensare ad un domani ancora così incerto. Grazie a Dio la solidarietà, i tanti gesti di bene ricevuti, il desiderio di rialzarsi, la disponibilità di ogni comunità della Provincia ad accogliere ed aiutare, hanno anche illuminato questi giorni bui.
Nella liturgia che quotidianamente ci accompagna interpretando il presente, hanno risuonato con insolita attualità le voci dei profeti che descrivevano, in questi mesi di fine d’anno ordinario e di inizio avvento, tempi di sventura e desolazione, di attesa e di promessa. Ieri come oggi siamo infatti invitati a volgere lo sguardo verso Colui che viene, accettando i suoi tempi e i cammini in cui ci conduce e si fa trovare. Ieri come oggi il Precursore, ci insegna a non dare giudizi affrettati, ma ad interrogare Lui su ciò che accade chiedendo: Sei tu quello che deve venire? È così che vieni? Io ti aspettavo diverso, io ti aspettavo altrove. Ma sei proprio tu l’Onnipotente, il Braccio forte? Come può la tua potente regalità intervenire camminando al passo “delle pecore madri e portando gli agnellini sul petto”? Da dove questa Pace e come trovarla, come portarla? Cosa dobbiamo fare noi?
È vero, Tu ci chiami sempre a riconoscerti nella storia, anche in quella di questi giorni, mite e umile di cuore, regale e potente nell’Amore, presenza nascosta e “in mezzo”, Emmanuele, Dio con noi. Del resto anche i nostri confratelli, pur impauriti e a volte nello sconforto, hanno voluto rimanere con la gente terremotata, dopo essersi preoccupati che i loro confratelli più anziani fossero accuditi e al sicuro, proprio per essere “in mezzo”, per essere con tutta la loro fragilità presenza di Dio.
Ma non solo. Abbiamo anche tanto ricevuto.
Visitando le nostre case ho visto come la misericordia di Dio per noi si manifesta soprattutto nell’averci donato una comunità, dei confratelli o consorelle con cui vivere e condividere, di non averci mai lasciati soli. È vero, a volte abbiamo l’impressione che sia molto pesante o problematica la convivenza, ma vi invito a riconoscere prima di tutto il dono della comunione che ci è donata. Non siamo soli, e siamo uniti in Cristo.
Molto della vigilanza a cui l’avvento ci chiama, credo che per noi consista proprio nella custodia reciproca e nel rendimento di grazie per averci chiamati a vivere insieme. Nei giorni di terrore personale per l’esperienza del sisma e di paura per le persone che ci sono state affidate, l’unica cura era stare insieme. Dormire insieme, stare all’aperto insieme, mangiare insieme… non stare soli, custodirsi, aversi a cuore.
Il nostro convento di Cascia è stato il luogo di una esperienza ancor più unica: 4 frati, 4 monache 3 ex apette, 3 laiche ed operatrici del santuario hanno vissuto insieme per alcune settimane, come un’unica comunità, condividendo preghiera, pasti, lavoro e ricreazione, paure e speranze.
Questo è, se ci pensate, il nostro carisma, il nostro stile di vita di ogni giorno, la strada indicataci dal nostro Santo Padre Agostino. Insieme, cercando Dio, stando in mezzo, nei terremoti della storia, nella fragilità dovuta al nostro peccato, ma senza rinunciare a cercare Dio. E cercarlo insieme significa avere uno sguardo che non è strategicamente rivolto in basso, ma ha il coraggio di cercare in alto, di guardare oltre, di inventare e adattarsi dove è necessario, ma con un’unica meta.
Una ricerca che assume anch’essa mille domande: sei tu il Veniente? Tutto ciò che ho fatto finora e in un attimo è venuto meno era la strada giusta? Ma a che è servito? Ed ora? Perchè? Molte di queste risposte siamo chiamati a cercarle e trovarle insieme. Per questo la regola recita un cuor solo ed un’anima sola “in Deum”, alla ricerca di Dio, protesi verso Dio riconosciuto come unica e vera risposta. L’unità tra noi è la via per trovarlo, per trovare risposta alle tante domande e dubbi che una autentica e sincera vita di fede sempre portano con sé, ad essere a nostra volta percorso e risposta per gli altri con il nostro stile di vita, il nostro metodo con cui affrontare la vita.
Quante sfide! Quanto bisogno di discernimento! Vieni Signore Gesù!
Tutto questo non può che insegnarci ancora una volta il bisogno di Dio, il radicale bisogno di Dio per la nostra vita, spogliandoci da ogni presuntuosa e mondana autosufficienza, per riconoscerci più poveri ed essere più veri.
Per questo l’attesa va vissuta con rinnovata radicalità e insieme, aiutandoci l’un l’altro. Rinnovata radicalità significa anche non perdersi nel superfluo: più tempo per buone letture e cura per le relazioni tra noi, più tempo da “perdere” per l’altro e con l’Altro, … e ritrovare così, grati e stupiti, il centuplo. Insieme vuol dire disponibilità a misurare le aspirazioni personali o i progetti comunitari sui bisogni dell’altro e a mettere da parte il proprio perfezionismo, per accogliere e sostenere o, a volte, anche sostituire l’altro per un tratto di strada. Significa anche, forse ciò è ancor più difficile, disponibilità a lasciarsi aiutare, e con le modalità con cui gli altri sono capaci.
In questo tempo ho già visto tanti segni di tutto questo, e ne ringrazio Dio e ringrazio chi tra voi ha saputo mettersi in gioco così. A volte accettando anche dei no… ma lasciando comunque la porta aperta, il telefono acceso, il volto accogliente.
Desidero ringraziare Dio perchè sto imparando molto da ognuno di voi, perchè la nostra vita ha dei buoni anticorpi alla tentazione, sempre alla porta, di “tirare i remi in barca” o diventare profeti di sventura. Chi sa riconoscere che ciò che ci sostiene, anima e guida è Altro da noi, che il progetto e la storia sono Suoi, che non esiste luogo, momento, chiusura dove non si possa compiere oggi un bene fecondo ed eterno, costruire una speranza, aprire una feritoia di luce, porre un seme che Qualcuno sappia un giorno far nascere, chi sa riconoscere tutto questo è prezioso per la comunità, aiuta ognuno a crescere, è sentinella che vive l’Avvento.
Ho voluto condividere l’insegnamento che traggo da voi e da questo tempo così impegnativo, per spronarci l’un l’altro ad essere sempre più vigilanti. Non dobbiamo permettere a nulla e nessuno di spegnere la Speranza che ci è stata data, la Promessa per cui viviamo la nostra consacrazione, l’Unità che è dono dello Spirito.
Auguri a tutti voi Buon Natale e di un Nuovo Anno di Pace.
P. Luciano De Michieli
Priore Provinciale