Nell’estate del 2015 mi è capitato di passare per Bologna e di andare a vedere il grande mosaico di Rupnik nella chiesa parrocchiale del Corpus Domini. Eros Stivani, un grande amico bolognese e diacono permanente in quella parrocchia, si è prestato ad accompa- gnarmi e aiutarmi ad entrare nella indicibile bellezza di quell’opera.
Conoscevo già l’arte musiva di Rupnik visitando nel 2010 la cripta di Padre Pio a S. Gio- vanni Rotondo, un’arte che mi ha affascinato da subito innanzitutto per il profondissimo senso del mistero che traspare dalle figure, poi per la grandezza della realizzazione: per vedere oggi opere musive di quelle proporzioni bisogna andare a Ravenna o visitare il duomo di Monreale a Palermo. Per queste bisogna tornare indietro di mille anni; per quel- le di Ravenna di millecinquecento anni.
Dell’arte di Rupnik, un sacerdote sloveno della Compagnia di Gesù, colpisce la semplicità e nello stesso tempo la profondità con cui illustra il mistero cristiano. Non ci sono inter- pretazioni soggettive o astrazioni teologiche ma la bellezza e la gioia di vivere l’evento cristiano così come esso si è posto nella storia: un Dio che scende dentro l’umanità attra- verso Gesù, uomo-Dio, e la trasfigura, la riporta alla sua natura originaria, cioè a come è uscita dalle mani del Creatore.
Il mosaico del Corpus Domini illustra il mistero eucaristico che nasce dall’evento della morte e della resurrezione di Cristo e si dipana nel tempo come offerta e rendimento di grazie a Dio per aver donato agli uomini non qualcosa ma lui stesso in “corpo, sangue, anima e divinità” (Catechismo di S. Pio X). È da qui che nasce la gioia cristiana. Guardando il mosaico già al primo impatto si avverte come di essere in un’atmosfera divi- na, come se Dio stesso ci abbracciasse e ci consolasse. È la stessa consapevolezza che cre- sce entrando poi nei particolari e fa sperimentare un godimento, un gusto imparagonabile a qualsiasi gusto terreno. Insomma, quando si è lì, davanti a quel Cristo con il volto sere- no e le braccia allargate che domina tutta la scena, non si vorrebbe andare più via.
Quando Eros mi chiese di comporre dei brani musicali per commentare il mosaico ho av- vertito tutta la sproporzione e l’incapacità di essere all’altezza di un tale compito. Prima di tutto perché non sono un musicista, poi perché un’opera come quella è indicibile, non si può commentare ma solo vivere e gustare. Lui mi ha incoraggiato e io ho tentato di bal- bettare qualcosa.
Nell’allegato il lavoro completo
P. Gisueppe Scalella