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L’incontro con il Santo Padre Francesco

27 Aprile 2015 // P. Alejandro Moral Antón

Riportiamo il racconto del nostro Padre Generale, P. Alejandro Moral Antòn dopo il suo incontro con Papa Francesco

Roma, Città del Vaticano

Sono già passati due mesi dal mio incontro con il Santo Padre e desidero approfittare di questo ricordo, anche se recente, per comunicarvi alcuni dei punti affrontati durante i 40 minuti con Papa Francesco.

Mi hanno chiamato per telefono dalla Prefettura della Casa Pontificia per anticipare la mia visita, poiché un Nunzio, la cui visita era programmata prima della mia, non era arrivato in tempo. Una volta chiarita la situazione, mi sono diretto al Portone di Bronco per salire la scala e passare per Piazza San Damaso e giungere alle sale che precedono l’entrata nella biblioteca pontificia, luogo dove Sua Santità mi ha ricevuto.

Dal primo momento mi sono sentito accolto affettuosamente e nel dialogo con il nostro caro Papa Francesco. Mentre ci salutavamo i fotografi hanno puntato le loro macchine fotografiche. Poi ci siamo seduti uno di fronte all’altro, così vicini che la distanza non era più di mezzo metro. Gli avevo portato un foglio dove avevo scritto i temi e una breve rassegna del contenuto che desideravo trattare durante la visita.

Ho voluto prima di tutto ringraziarlo ancora per la sua presenza nell’apertura del nostro Capitolo Generale del 2013, il giorno della solennità del nostro Santo Padre Agostino. E le sue attenzioni avute verso il nostro confratello Isidoro Pérez Barrios, religioso agostiniano del Vicariato Sant’Alfonso de Orozco di Argentina e Uruguay, il quale era molto ben conosciuto dal Papa e che li univa una certa amicizia da molto tempo. Questo confratello, malato di cancro, era morto due mesi prima. E subito ha commentato l’amicizia che univa un suo nipote con il P. Isidoro e l’affetto che aveva nutrito lui stesso verso questo nostro confratello.

Dopo una breve pausa, durante la quale abbiamo ricordato alcuni dei momenti vissuti con il nostro confratello Isidoro, ha continuato la lettura del foglio con un altro dei punti che avevo scritto: un riassunto della mappa delle nostre presenze e alcune statistiche… però il Santo Padre mi ha corretto e mi ha detto: “Padre, sta saltando il punto sui ‘vescovi’ dell’Ordine…. e poi ha scritto anche il suo ‘ringraziamento’…”. “Scusi, Santità”, e rapidamente ho corretto il mio salto e sono tornato al punto indicato. “Sì, Santità, il nostro ringraziamento, come Ordine, per la sua fiducia nei nostri religiosi, nel nominarli al ministero episcopale”. E, subito dopo mi ha interrotto e mi ha sottolineato alcuni aspetti su come aveva scelto qualcuno dei nostri confratelli per il ministero dell’episcopato. E mi ha anche parlato di alcuni luoghi nei quali aveva trovato certe difficoltà al momento di nominare i vescovi. Questo per me è stato un momento di grande ricchezza, ecclesialmente parlando. Ascoltati con molta attenzione tutto ciò che mi rivelava e che mi sembrava di grande confidenza nel condividere le sue inquietudini. In quel momento, più che mai ho compreso il gran peso che deve portare il Papa a causa della vita dei credenti cattolici, ogni giorno e in ogni angolo della terra. Allo stesso tempo mi sembrava più necessaria la preghiera di tutti i credenti, come elemento fondamentale, per il Santo Padre. Fino adesso ha nominato 4 vescovi agostiniani.

Alcune di queste nomine hanno comportato “un certo rompicapo”, per me, nel momento che ho dovuto trovare un sostituto e questo l’ho rivelato al Papa Francesco che si è fatto una soave risata.

Da lì siamo passati al punto delle nostre presenza, come Ordine, numero di religiosi, vocazioni e formazione. Abbiamo parlato dei luoghi di conflitto, come il Nord-est della Nigeria e le situazioni di difficoltà in alcuni paesi dove la repressione sociale è grande. Ho esposto le difficoltà vocazionali, come la maggior parte degli Ordini religiosi, nel vecchio Continente e in alcuni altri luoghi. Abbiamo parlato anche dei luoghi emergenti a livello vocazionale. E’ stato molto interessante il punto di vista offerto sulla formazione, con i quattro pilastri già sottolineati nella riunione con l’Unione dei Superiori Maggiori. Ci siamo soffermati a riflettere sulle difficoltà e sulla necessità di una buona formazione. “Aiutare a maturare prima che il mondo rompa i nostri germi vocazionali”. La parola “collaborazione”, sia a livello intercircoscrizionale come intercongregazionale. Oggi, mi ha sottolineato, dobbiamo collaborare perché le forze sono meno e la formazione suppone una sfida sociologica molto grande. E la necessità di “formare i formatori”. Le urgenze mai sono buone e nella formazione succedono più in fretta di quello che si desidera.

Non abbiamo dimenticato il servizio che l’Ordine svolge nei diversi campi in Vaticano: Segreteria di Stato (P. Fernando del Río), il Parroco di San Pietro (P. Mario Bettero, la Parrocchia di Sant’Anna (dentro il Vaticano) con la presenza di quattro confratelli (P. Schiavella, P. Bruno, P. Stefano – che lavora anche nella Congregazione per IVRSVA- e il Padre Jafet), la Sacrestia Pontificia (PP. Paolo, Jesús, Nestor y Pablo). Il Papa ha ringraziato per questi servizi e mi ha parlato, dicendo correttamente il nome di qualcuno dei confratelli. Mi ha sorpreso quando mi ha citato i nomi dei confratelli senza confondersi e apprezzando la loro missione. Ha ringraziato molto per il nostro servizio.

Il tema sul qual ci siamo soffermati con più tempo, è stato quello del carisma e la missione dell’Ordine. L’ “unità nella carità” e il “senso di ecclesialità”, servizio alla Chiesa, annunciando il Vangelo, la Buona Notizia del Regno di Dio, in particolare lì dove le carenza umane, affettive e la povertà sono maggiori.

Due difficoltà grandi che danneggiano e aggrediscono fortemente il Carisma sono l’ “individualismo” e l’ “edonismo”. E’ stato un dialogo sulla nostra vita comunitaria e sugli elementi e mezzi che abbiamo per combattere questi due mali che si rendono presenti frequentemente all’interno della Vita Religiosa. “Come stanno le sue comunità?” e “come vivete la fraternità?”… e ha continuato il Papa Francesco dicendo: “L’individualismo è un grande male che distrugge la vita comunitaria”. Effettivamente. Il nostro carisma è meraviglioso, pieno di illusioni, attraente e appassionante… Siamo pellegrini, camminiamo in questa che è la nostra terra, favoriamo la ricerca, aneliamo di entrare in noi stessi per scoprire chi abita nel nostro cuore… e la bellezza di tutto questo è molto più grande perché desideriamo farlo in comunione, non da soli, individualmente. Senza dubbio, in non poche occasioni, lo scoraggiamento ci invade ed è dovuto, giustamente, a non favorire questo aspetto della comunione e di correre da soli… e ciò non ha senso nel nostro stile di vita.

Però non solo l’individualismo, ma anche l’ “edonismo” minaccia la nostra vita. La tentazione di godere di quelle cose superficiali del mondo che ci attraggono, a volte, con passione. Quelle cose che per noi non hanno più senso. I piaceri e la superficialità si installano con eccessiva facilità nel nostro cuore. Entrano senza che noi ci rendiamo conto, senza avvertire né il loro pericolo e né fino a dove possono portarci. E’ qualcosa che ci prende con grande facilità nel cuore del nostro essere umano. Mi sono reso conto della coerenza del Santo Padre, mentre parlava. Il valore e l’importanza che dà a questo tema. Il dolore che gli causa e ci causano gli scandali che ci sono dentro la Chiesa a causa dell’edonismo. L’austerità che questo uomo di Dio ha sempre vissuto. Il suo impegno. Tutto ciò mi ha colpito molto.

Nel parlare della nostra missione, mi ha insistito che non smettiamo di portarla avanti, a partire dal nostro carisma. “Questo è ciò che vi chiede la Chiesa, che ci insegniate a lavorare in équipe, condividendo, unendo i cuori”.

E sono emersi alcuni rischi della missione che già abbiamo ascoltato nelle sue omelie, angelus, etc. “Dobbiamo cercare di mantenere un livello di vita più modesto di quello della gente che ci sta attorno o, almeno, non un livello superiore al loro”. “Dobbiamo far sì che la nostra vita sia un segno di protesta contro la mentalità della società del consumo nella quale viviamo, un interrogativo che vi aiuti a pensare”. La mia mente ripercorreva le nostre comunità e circoscrizioni molto rapidamente ed un forte brivido mi invadeva in alcuni momenti, così come una certa pace in altri momenti. Confesso che mi sono commosso mentre ascoltavo le sue parole e in alcuni momenti la mia mente era rivolta ai luoghi dove avevo visto più necessità. E gli ho ricordato al Santo Padre la bella frase di S. Agostino al riguardo: “se tu dai del tuo, si può parlare di generosità, ma poiché dai del Suo, è una restituzione” (Comm. Sal. 95,15). Ed è rimasto in silenzio per alcuni secondi. A conclusione di questo tema l’ho invitato a continuare ad essere così chiaro nell’annuncio del Vangelo. Con semplicità e con molta serietà ha ascoltato le mie parole… Senza alcun dubbio il suo cuore soffre con la sofferenza degli uomini che vivono abbandonati, rifiutati, allontanati e, senza disporre del minimo necessario per la sussistenza.

Dopo questa seria riflessione, abbiamo dedicato gli ultimi minuti a commentare alcune cose più domestiche. Mi ha ringraziato per l’accoglienza che abbiamo dato ad un suo nipote nella nostra casa di Santa Monica. E mi ha detto che suo nipote ci è molto grato per questo.

Mi ha commentato che aveva chiesto di trasferire il quadro di Nostra Signora Madre del Buon Consiglio, dove era prima, nella Sala Paolina, da dove lo aveva potuto ritirare san Giovanni Paolo II. Gli ho risposto che già mi avevano informato e l’ho ringraziato per questo gesto.

Gli ho ricordato che l’Ordine, i religiosi agostiniani, siamo a sua disposizione. Che le nostre Costituzioni sottolineano la fedeltà che l’Ordine deve avere nei confronti dei Sommi Pontefici. E che l’attenzione particolare che la Santa Sede ha avuto nei confronti del nostro Ordine, fin dall’origine, ha lasciato un segno, soprattutto nel nostro apostolato perché l’Ordine si è sempre considerato destinato al servizio della Chiesa universale.

Gli ho trasmesso anche l’abbraccio di tutti i confratelli, prima di congedarmi, ed anche il saluto delle monache agostiniane di vita contemplativa e la preghiera che elevano ogni giorno al Padre per il Papa.

Dopo averlo ringraziato del tempo che mi aveva concesso e avergli chiesto la sua benedizione, mi sono congedato. Mi ha regalato una borsa piena di rosari ed io gli ho consegnato una busta per collaborare alle sue opere di misericordia. Gesto per il quale mi ha ringraziato.

Mentre ritornavo a casa, nel breve spazio di tempo, mi sono ripassato tutte le belle parole e i gesti di questo uomo coerente con la sua fede, testimonianza fedele, messaggero della Buona Notizia della venuta del Regno di Dio… speranza per i poveri e consolazione per tutti.

Vi giunga il mio saluto agostiniano e il mio ringraziamento al Santo Padre, Papa Francesco. Preghiamo per lui e per la sua missione.

Nell’Ottava di Pasqua

Roma, 9 aprile 2015

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Categoria: Capitolo Generale, Notizie agostiniane

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