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Una Omelia di Padre Maestro in occasione della Giornata Missionaria Mondiale “Sulle strade del mondo”.

11 Ottobre 2013 // OSA Italia Lascia un commento

“Sulle strade del mondo” è lo slogan per la prossima Giornata Missionaria Mondiale (Gmm) 2013, scelto da Missio, Organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana. In linea con l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI, il tema esprime l’esigenza di coniugare lo Spirito missionario con la vita di tutti i giorni, in un mondo bisognoso di redenzione, segnato da profonde trasformazioni sociali, politiche, economiche e culturali. Ecco che allora, l’atto di fede, da parte di ogni singolo battezzato, si deve concretizzare nella metafora del cammino, uscendo dalle nostre comunità, per incontrare uomini e donne che hanno fame e sete di Dio. Dunque, un “andare” sulle strade del mondo, insieme, comunitariamente, fino agli estremi confini. La testimonianza di fede di tanti nostri missionari – religiosi, religiose, fidei donum e laici – disseminati nei cinque continenti – resta il segno tangibile di un impegno costante della Chiesa, per la causa del Regno.

In occasione di questo appuntamento, vi offriamo una omelia di P. Matteo De Angelis che ha rivolto ai suoi fedeli in occasione della 17^ Domenica per annum (Anno B), il 24 luglio 1988.

OMELIA DI P. MATTEO DE ANGELIS (PADRE MAESTRO)

La moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli più grandi che tutti gli evangelisti raccontano e che S. Giovanni descrive in tanti particolari.

Il fatto avvenne in prossimità della Pasqua vicino al lago di Tiberiade. Segue in ordine di tempo il riposo degli apostoli dopo la loro missione in cui erano avvenuti molti miracoli.

Una folla di circa 5.000 persone senza contare le donne e i bambini, venute dai numerosi paesi che costeggiano il lago, stavano ascoltando Gesù e si avvicinava la sera.

Una domanda che si affaccia alla mente per una certa e legittima curiosità potrebbe essere la seguente: come avvenne il miracolo? Gli evangelisti non lo dicono ma deve essere accaduto così.

Gesù prende i 5 pani, li benedice e li fa distribuire.

Per quanto pane gli apostoli distribuissero i 5 pani restarono sempre 5 e non si esaurirono e così fu per i pesci.

Il miracolo terminò quando l’ultima persona non ne ebbe avuto a sufficienza.

I 5 pani d’orzo, il pane dei poveri, e i pesci cotti erano il vitto di una giornata che una mamma premurosa aveva consegnato al suo figliolo per quel giorno.

L’apostolo Filippo, impacciato alla risposta di Gesù: date voi da mangiare azzarda un calcolo approssimativo: 200 denari non sarebbero bastati per l’acquisto del pane e poterne dare una semplice fetta ad ognuno. Una cifra enorme.

Un denaro in quel tempo era una bella paga giornaliera per un operaio dalle 60 alle 80 mila lire di oggi.

Fin qui il racconto dell’evangelista.

Gesù non accetta il suggerimento degli apostoli di licenziare la folla ma Lui stesso vuole provvedere alle necessità.

Aveva detto infatti agli israeliti: se un fratello o una sorella sono ignudi o bisognosi del vitto quotidiano e uno di voi dice loro: andate in pace senza dare le cose necessarie per il corpo, a che gioverà?

Il vangelo oggi tocca un grosso problema di attualità alle soglie del 2000; gli affamati si sono moltiplicati: da 5.000 sono diventati milioni che muoiono per denutrizione.

Il problema della fame non ci tocca personalmente, ma è sofferto da infinità di esseri umani.

Perché manca il pane? Non perché si dimenticano la giustizia, la carità la comprensione verso chi soffre.

Dio ha nascosto nel creato, un po’ dovunque, tesori e ricchezze immense affinché gli uomini le cercassero e trasformandole col lavoro si aiutassero scambievolmente per vivere tutti una vita più dignitosa e più bella.

I beni della vita sono stati dati da Dio a tutti gli uomini.

Chi li accumula per sé, togliendogli agli altri è un ladro. Chi ne ha troppi e non li divide con chi non ha affatto è un omicida. Di questi oggi il mondo ne conta molti.

Si trovano pure tra quelli che frequentano la Chiesa, che si accostano ai sacramenti e non aprono il loro animo alle necessità di chi muore di fame. Potremo essere anche noi se non condividiamo il nostro benessere e lasciamo morire senza pietà esseri umani privi di tutto.

Non vale essere cristiani di nome e di battesimo, se poi non siamo cristiani di fatto e con la vita dando da mangiare a chi ha fame, vestendo chi è nudo, dando ospitalità a chi è pellegrino.

Solo chi fa questo è cristiano, l’ha detto Gesù.

Che cosa avverrebbe se un giorno i cristiani tutti sentissero compassione per chi soffre la fame. Ci accorgeremmo che abbiamo tante cose che dovremmo cedere al fratello che non ha niente.

Verrebbe fuori il nuovo miracolo della moltiplicazione dei pani.

Abbiamo ottenuto da Dio il pane per vivere; l’abbiamo avuto senza nostro merito, ma con l’obbligo di condividerlo col fratello bisognoso.

Cerchiamo, fratelli e sorelle, di non vergognarci quando ci rechiamo a mensa, noi che abbiamo tutto, ricordiamoci di chi non ha nulla e che come noi dice al Padre: dacci oggi il nostro pane; saremo i nuovi apostoli che lo distribuiscono nel nome di Gesù.

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Categoria: Giornata Missionaria Agostiniana, Servi di Dio

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